Dopo la prima tappa romana, ecco l’edizione milanese dell’intensa mostra dedicata a Robert Doisneau, il fotografo dei “baci” e della sottile ironia. Sarebbe un peccato perderla… by andrea ruscitti
La prima regola del bon ton vuole che alle mostre non si scattino fotografie. Io il bon ton non l’ho mai imparato. Sarà per questo che il mio tour alla mostra di Doisneau, che da Roma ora è giunta a Milano → Spazio Oberdan, Viale Vittorio Veneto 2 ← è iniziato con un custode che gridava e la mia faccia che diventava alternativamente bianca, rossa e blu. Questo almeno finché la suddetta guardia, travolta dai sensi di colpa, non ha ben pensato che dopo il bastone avrei avuto bisogno della carota. Contentino che si è tradotto nel racconto della storia, a suo dire esclusiva, nascosta dietro una delle 200 immagini esposte.

Un’audizione al Concert Mayol (1952), cabaret parigino che dagli anni ’30 si era specializzo nei varietà del “nudo”
Così ha avuto inizio il mio battesimo a Doisneau, fotografo dall’obiettivo timido, che amava pescare i volti delle persone nascondendosi dietro il riflesso di una vetrina o camuffandosi tra la folla per non farsi vedere. Nella Parigi del dopoguerra, saltellava tra i bistrot, i caffé, i mercati di Les Halles (scatti a cui Parigi dedicò una mostra), gli eventi della Ville Lumière, abitudine che oggi gli è valsa il titolo di massimo rappresentante della fotografia “umanista” francese. Con la macchina fotografica al collo, scivolava un giorno tra la gente comune, parlando di personaggi come Coco, l’ubriaco con il pappagallo impagliato sulla spalla, quello dopo tra gli intellettuali, gli artisti, i musicisti, gli attori e gli stilisti del calibro di Madame Chanel, Christian Dior o Yves Saint Laurent.
Nei suoi ritratti in bianco e nero era capace di catturare l’attimo della folla che attraversa la strada rischiando di farsi investire da uno sciame di auto, dei bambini che giocano, degli operai intenti a sistemare una statua in un cortile. Ma lui era anche paziente, e talvolta sentiva il bisogno di calibrare ogni mossa, studiando tutto fin nel più piccolo dettaglio, arrivando anche ad assoldare attori che ricreassero esattamente la scena che lui aveva visto “dal vivo”, senza essere pronto a coglierla: un bell’esempio ne è il Bacio all’Hôtel de Ville, notissimo “falso d’autore” di cui abbiamo già raccontato la storia qualche mese fà.
Da tutto questo, ne è uscito un racconto lungo quasi 60 anni, dal 1934 al 1991, che si rincorre sui muri dell’Oberdan con immagini ora isolate ora assemblate a creare un romanzo della Parigi che fu, che ha tutte le carte in regola per essere letto tutto di un fiato.
Info pratiche
Robert Doisneau, Paris en liberté, sarà allo Spazio Oberdan fino al 5 maggio 2013. Aperta il martedì e il giovedì dalle 10 alle 22;
il mercoledì, giovedì, venerdì, sabato, e domenica dalle 10 alle 19.30. Chiusa il
lunedì. Biglietti: 9 € intero – 7,50 € ridotto. Audioguida inclusa.