Scongiurata la fine del mondo – anche i Maya ci hanno deluso – il Natale si avvicina pericolosamente. Pericolosamente perché il calendario segna meno 3 giorni, ma i regali sotto l’albero stanno ancora a zero… Cosa faranno i tanti francesi che vivono a Milano? by andrea ruscitti
Non ci penso, perché questo è il mio modo festivo di allontanare i problemi. E visto che fuori c’è nebbia e un gran freddo occupo il mio tempo facendo chiamate. Quello che mi capita tra le mani non è un numero qualsiasi. Lo faccio. Il telefono suona libero; poi una voce femminile: “Allo? Pronto?”. Lei è Pascale Gay-Gressin, vice console di Francia a Milano. Io ho bisogno di evadere, così le chiedo se per queste vacanze può portarmi con lei a Marsiglia, dove è nata. La prende bene, ride. “Io torno a casa solo dopo il 25; ma se vuoi ho dieci minuti per raccontarti qualche nostra tradizione”.
E così mi spiega che i francesi a Milano – una comunità di circa 10mila persone – fanno immancabilmente visita ai parenti, chi a Natale e chi a Capodanno, e questo è bello, “ma se si guarda alla linea non si è molto contenti, visto che si mangia il doppio. “Apprezziamo molto il panettone” – mette le mani avanti Pascale – “non siamo mica così presuntuosi da pensare che i cibi e i vini francesi siano i migliori, ma come rinunciare ai 13 dessert o alla galette des rois?”
La galette la conosco, è quel dolce di pasta sfoglia ripieno di crema alle mandorle che ha reso re tanti bambini. Sì perché usanza vuole che, nel giorno in cui da noi si aspetta che la befana riempia la calza, il cuoco o la cuoca vi nasconda all’interno una fava. Il più piccolo di casa ha poi il compito di assegnare una fetta a ogni componente della famiglia; ma per farlo deve prima nascondersi sotto il tavolo, così da non vedere e mantenersi imparziale. A chi va la porzione ripiena, si aggiudica anche la corona e per l’intera giornata può dettar legge.
I 13 dessert mi lasciano un po’ interdetta così il vice-console me li racconta: “Tipici della Provenza, si mettono in tavola nei giorni di festa. Le ricette cambiano da zona a zona, ma sono sempre molto semplici. C’è il torrone, la frutta secca o la focaccia dolce che assomiglia un poco a una brioche”.
Poi sulla scia dell’entusiasmo continua, e mi parla del BLÉ DE LA SAINTE-BARBE, come dire “il grano di Santa Barbara”. Rito di buon auspicio per il nuovo anno, consiste nel lasciare a germogliare del grano su tre piccoli piattini, nei primi giorni di dicembre. Il 25 li si porta in tavola, come decoro; il 26 li si sposta nel presepe e qui li si lascia fino all’epifania quando finalmente li si pianta, come simbolo di prosperità.
E a proposito di presepe, Marsiglia non ha nulla da invidiare alla Napoli delle statuine. Qui, nel lontano 1803 è stata infatti allestita la prima Foire des Santons le statue di terracotta, diventate famose con la Rivoluzione che proibì la Messa di mezzanotte e i presepi in chiesa, spingendo i più arditi tra i marsigliesi a tenere alte le loro tradizioni provenzali portandoli in strada.
E adesso? Adesso ho più voglia di viaggiare di prima, ma Pascale mi lascia. Lei pensa già alle feste, alla famiglia, agli amici, e alle lunghe passeggiate che farà sul lungomare della sua cittadina.