Bretagna: pellegrinaggio nei cimiteri delle barche

Scafi arruginiti, rivestimenti scrostati, invasione vegetale, eliche rotte, melma e riflessi nel mare… I pescherecci abbandonati sulle spiagge sono un poetico soggetto fotografico. by paolo galliani

Alcune sono ancora in piedi, altre sono piegate su un fianco o letteralmente sdraiate, aggredite dalla ruggine, dalle alghe e dai souvenir del tempo che passa. A vederle così, sembra stiano implorando di essere lasciate in pace, perché quando s’invecchia si perde la voglia di dare retta a tutti. Per carità: niente di macabro. Niente croci, fuochi fatui, nemmeno donne piangenti impegnate a posare qualche fiore e qualche lacrima.

Ma visto dalla spiaggia curva di Camaret-sur-Mer, nel Finistère, ha tutta l’aria di ha tutta l’aria di essere un vero e proprio cimitière de bateaux, uno dei tanti cimiteri di vecchie imbarcazioni da pesca che potete individuare lungo le coste più ruvide della Bretagna: a Kerhervy, luogo di ricovero per i marinai dell’isola di Groix; a Douarnenez, un tempo capitale francese della pesca alla sardina; a Magouer, vicino a Lorient, dove nel 2006 la gente arrivò a fare allontanare i bulldozer arrivati sul posto per spazzare via i relitti abbandonati lungo il fiume d’Etel. Ma è qui, sulla penisola di Crozon che questi tozzi e grossi natanti vengono da sempre a morire, prolungando la loro agonia per qualche decennio, riuscendo a volte a riscattarsi dall’oblio, sulla spiaggia che fronteggia la chiesa di Notre Dame di Rocamadur piena di ex voto che i marinai usavano lasciare quando uscivano vivi da tremende tempeste.

C’ero venuto anni fa e mi ero affidato alla gentilezza di monsieur Le Fur, guida e anima della Maison du patrimoine → quai Kléber – Camaret ← dedicata alla storia navale di questa contrada della Bretagna, uno che di quei pescherecci piantati sulla spiaggia del Corréjou conosceva tutti i segreti, la loro origine, il cantiere che li aveva messi al mondo, perfino i nomi dei proprietari che li avevano portati a spasso su e giù per l’Atlantico quando la pesca alla sardina la si faceva ancora alla lenza.Da allora è un’emozione tornare a Camaret-sur-Mer a raccogliere le tante storie che ogni bastimento, scialuppa o natante racconta, attraverso i ricordi di pescatori segnati dall’età, dalla salsedine e dal vento che su quelle stesse imbarcazioni hanno guadagnato da vivere, sono scampati miracolosamente a drammatici naufragi e hanno forse perso un collega o un amico.

L’immatricolazione verniciata nella parte alta degli scafi dice già molto: racconta del Magellan,arrivato qui nel 2002 dopo essere stato mandato in pensione perché non rispondeva più alle nome di sicurezza, del Castel Dinn, che negli anni ’60 e ’70 portava in giro la sua grossa pancia bianca e rossa nei mari della costa africana, del Rosier fleuri, un po’ malmesso ma che era diventata una leggenda fra i pescatori di Cornovaglia, Irlanda e Stretto di Gibilterra. Se ne stanno tutte lì, con l’aria mogia di chi non ha più la forza di muoversi e aspetta il momento fatale. E qualcuno avrà anche l’ardire di usare la legna da ardere e i pezzi di metallo per ispirare qualche mercatino d’antiquariato. Triste. Ma nulla è eterno ed è la vita.

Almeno qui, nel Finistère, c’è sempre una leggenda che viene in soccorso. Dicono che i pescherecci che muoiono rinascono in un paradiso subacqueo per recuperare i marinai annegati. A Camaret-sur-Mer è diventato un atto di fede. Nessuno ti chiede il biglietto per visitare il “cimitière de bateaux”. È un pellegrinaggio gratuito. Prima o poi, qualcuno avrà la pazienza di regalare un buon quantitativo di vernice e di imboccarsi le maniche: per rinfrescare poppa e prua di queste straordinarie bagnarole del mare; e allungare loro la vita.

Clicca qui per visualizzare una mappa della “via dei cimiteri delle barche”.

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