ROMA, Palazzo delle Esposizioni, fino al 3 febbraio 2013. Duecento scatti originali del grande fotografo ROBERT DOISNEAU ambientati nella sua amata Parigi dal 1934 al 1991. by martine buysschaert
Pochi conoscono questo grande fotografo francese, ma tutti hanno visto almeno una volta Il bacio dell’Hôtel de Ville (vedi nello slide show), lo scatto – era l’aprile del 1950 – diventato icona della sua opera e di una certa Parigi. Una foto che ben racconta l’indole del suo autore. Intanto il suo interesse per i personaggi. Infatti, la rassegna romana è piena di umanità, perlopiù parigini doc, da Coco, un habitué dalla mascella stizzosa del bar-tabacchi Fraysse, alla coppia pittore della domenica/spettatore fortuito (cercate il terzo personaggio, ben nascosto) di Fox-terrier sul pont des Arts, dai fanciulli rassegnati di La prima maestra a quelli fiabeschi di Tre bambini bianchi, dalla suonatrice di fisarmonica in La ballata di Pierette d’Orient ai macellai delle Halles. Per non dire delle figure di spicco, dal poeta Prévert a Cendras, da Jeanne Moreau a Juliette Binoche, da Léger à Picasso, fino a un intenso Giacometti.
Poi, sempre in quella foto, c’è riassunto un suo stile molto personale. “Mi piace cristallizzare l’attimo fuggente, fissare una gioia, un gesto” dichiarava Doisneau nel 1956. La fotografia per lui doveva restare un atto istintivo in cui il fotografo doveva comportarsi da “carta assorbente imbevuta della poesia del momento”. Per lui la forza della fotografia stava proprio nella capacità di afferrare l’imprevisto, il fortuito e l’imperfetto. Amava quindi la fotografia” selvaggia”. Ma se la macchina fotografica non era stata veloce quanto lo sguardo, oppure ne potevano nascere spiacevoli conseguenze giuridiche legati ai diritti d’immagine, lui “ricreava” l’instantaneità.
Una foto è in quel senso emblematica: quella degli innamorati sul risciò, Le baiser Blotto. Racconta lui stesso in un intervista in Le Soir (6-7 febbraio 1993): “Vidi un garzone di bottega baciare una ragazza seduta nel furgoncino a tre ruote che stava guidando. Lo chiamai: ‘Vi dispiacerebbe ripetere la scena? Sto facendo un servizio sugli innamorati di Parigi’. ‘Impossibile’ rispose lui,’ lei è la figlia della padrona’. Ci rimasi male, poi però gli chiesi se fosse disposto a prestarmi il triciclo → e lui accettò ←. Quindi ricostruì la scena con delle comparse, esattamente come l’aveva vista, raccontandola con una “falsa instantanea”.
Ma la definizione di lui più convincente è che oltre a essere un appassionato di pesca alla lenza era un “pescatore d’immagini”. Si appostava, inquadrava uno scenario (un décor come diceva lui) come fosse un palcoscenico, quindi aspettava che succedesse qualcosa. A tal proposito, memorabile e davvero divertente è la sequenza, molto ben valorizzata in mostra, di La vetrina di Romi: non te la racconto, così come non svelo mai il finale a un amico a cui consiglio un film da vedere…
Merci Monsieur Doisneau per aver amato così tanto Parigi e la sua periferia, per aver girovagato instancabilmente, sempre a pesca di immagini, catturate a volte con nostalgia, a volte con rabbia, sempre con una sottile e sublime ironia. Mi è piacuto proprio il grande piccolo viaggio parigino che ho fatto visitando la sua mostra: fino adesso avevo visto le sue foto solo in fotografia…
PS. Nel bookshop della mostra, non essendoci un catalogo, ho comprato Robert Doisneau di Quentin Bajac, un volumetto della storica collana “Universale” di Gallimard, oggi riproposta dalla casa editrice L’Ippocampo: costa poco (12 €) e racconta una miriade di cose che sono molto contenta di avere letto.
Info pratiche
Per prenotare e acquistare il biglietto vai sul sito www.palazzoesposizioni.it/categorie/categoria-56
Se vai a vederla, racconta a vogliadifrancia.it cosa ne pensi: grazie.
“Le baiser de l’Hôtel de Ville”, una bella storia costruita su una bugia:
http://www.artonweb.it/fotografia/articolo18.htm
I protagonisti dello scatto sono Françoise Delbart e Jacques Carteaud.
La scena è stata posata come per “Le baiser Blotto” ma come scrive Artonweb
“è comunque e decisamente una foto perfetta, nell’equilibrio della composizione, nella scelta grafica, nell’armonia tonale, sul piano tecnico e su quello della sensibilità artistica”
grazie dell’attenzione e a presto
infatti trovo ingiusto che si calchi molto (troppo) sul fatto che sia un’istantanea, una foto rubata, quasi che questo sia il suo pregio migliore. Non è scontato che ci sia distinzione tra la foto frutto di una lunga posa e l’istantanea, entrambe sono il fermo immagine di un brandello di vita, lungo o breve, durante il quale vive l’illusoria convinzione di fermare il tempo.
Anche un singolo attimo (“le moment decisif”), astratto dal suo contesto, sospeso e congelato in immagine, diventa sempre ed inevitabilmente una posa, così come lo è ogni singolo fotogramma di una pellicola cinematografica, dove si crea l’illusione del movimento (e quindi del tempo) attraverso l’inganno dei nostri occhi.
Mercì. Non avrei saputo dirlo meglio!!!
Questa foto ha emozionato tanti, anche chi non è un amante della fotografia. Spesso non ricordano neanche il nome del fotografo ma si portano dentro la bellezza di questo attimo di realtà. Che rimane realtà, seppur non rubata alla quotidianità di due persone qualsiasi. Un ritratto di due amanti nello scorrere della vita, della città, del tempo. Il loro bacio. In questo risiede la bravura di questo fotografo: fermare su una pellicola una felicità possibile!
PAUL GAUGUIN suggerì un giorno “prima l’emozione, poi la comprensione”. Credo che così accada per l’arte!
Sono d’accordo sul significato eminentemente simbolico dell’opera d’arte, i due innamorati dell’Hôtel de Ville, sia che la foto sia un’istantanea o una posa, sono in realtà il simbolo universale dell’amore e di una ‘felicità possibile’, del resto lo stesso Doisneau diceva: “Quello che io cercavo di mostrare era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere”.
Non sono d’accordo, nel mio piccolo, con Gauguin, in arte l’emozione e la comprensione coincidono, provare emozione davanti ad un’immagine vuol dire capire ciò che vuole dirci, per di più in modo diverso a ciascun osservatore cosicché ognuno trovi la giusta risposta, l’arte è irrazionale, non può essere compresa per vie logiche, né può essere razionalmente spiegata, in questo senso è una ’emozione possibile’.
http://www.artonweb.it/arteartonweb/articolo25.htm
Credo che Gauguin si riferisse all’incessante bisogno di arrivare a tutto attraverso la mente, “la comprensione” nozionistica.
E’ sicuramente bello conoscere, leggere, informarsi. Ma ciò che più conta è, credo, che l’arte arrivi al cuore, alla pancia, allo stomaco. Che trasmetta emozione.
Così come l’hai letta tu, Vilma, è sicuramente la “comprensione” che condivido e che avviene nell’emozionarsi!
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