
Il nostro sommelier

Borgogna
Quarta e ultima tappa del tour enologico, questa volta in Borgogna, con Danilo, il sommelier del Ratanà di Milano, alla scoperta di bianchi di eccellenza. by andrea ruscitti
La cintura ormai tira, e se nel bagno del ristorante La Balance – ad Arbois, ancora nel Giura – ci fosse davvero una bilancia ci guarderebbe scuotendo la testa. Con un rapido gesto togliamo il tovagliolo dalle ginocchia, ci scrolliamo di dosso le molliche di pane rimaste incollate ai vestiti. Prendiamo la porta. Come un cane da guardia la nostra macchina ci aspetta, la faremo riposare qualche ora a Chalon-sur-Saône, un piccolo gioiello sulle rive del fiume Saône, di cui poi, come rabdomanti assetati, seguiremo le acque, giù giù sino a Macon.
Siamo infine approdati in Borgogna, terra dello chardonnay, tra le uve più coltivate al mondo, per la loro capacità di adattarsi a tutti i palati. Per il nostro ultimo viaggio abbiamo dunque scelto il tempio degli amanti del vino, entrandoci però dalla porta di servizio, ed esplorando una zona che ancora non si colloca tra le vette dell’enologia mondiale. Eppure, ci racconta Danilo «Anche il Domaine Leflaive, uno dei produttori di vini tra i più costosi e apprezzati al mondo, ha deciso di acquistare qui dei terreni, perché più adatti per questa coltivazione. Da provare allora il suo Macon Verzè che, esaltato da un pollo ficato del vercellese con contorno di patate e carciofi, permetterà di scoprire lo chardonnay nella sua accezione più originale».
Ma spostiamoci adesso a Viré Clessé, un paesino vicino a Macon, dove troviamo un produttore che non possiamo dimenticare di visitare. «Quando ho conosciuto Jean Thevenet del Domaine de la Bongran mi hanno colpito il corpo gracile ed il modo sarcastico di parlare dei vini italiani. Tra tutti i suoi colleghi, lui è sempre l’ultimo a vendemmiare, con il risultato che i suoi sono sempre vini molto ricchi e complessi. Da lui ho imparato che tutto il vino, bianco compreso, deve invecchiare. È per questo che non vende mai i suoi prodotti prima che siano passati almeno quattro anni dall’imbottigliamento, quando pensa abbiano raggiunto le qualità per essere gustati al meglio. A differenza di noi italiani, i francesi hanno il dono dell’attesa, e sono molte le bottiglie che attendono tra la polvere l’occasione adatta per essere stappate. Inoltre Thevenet è l’unico, a quanto ne so, a produrre uno Chardonnay vendemmia tardiva con muffa nobile: il Cuvèe Botrytis, ottenuto da uve che vengono lasciate appassire e poi ammuffire in pianta. Non è economico, ma i suoi sono prezzi onesti, ed è una vera chicca».
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P.S. di vogliadifrancia.it
Dei vini bianchi francesi aveva già parlato Andrea Ruscitti: clicca qui per rileggere il post dedicato all’Alsazia e qui per quello del Giura. Questo piccolo tour termina, ma speriamo che Danilo ci regali altri preziosi consigli!