
Il “nostro” sommelier
Terza tappa del tour enologico, nel Giura (Jura), con Danilo, sommelier del Ratanà di Milano, alla scoperta di bianchi di eccellenza. by andrea ruscitti
Eravamo in Alsazia e ci stavamo quasi abituando al sapore dolce dei suoi vini; ma visto che l’abitudine è la fine di ogni relazione, è giunto il tempo di cambiare partner. Riempiamo i bagagli, carichiamo la macchina, chiudiamo dietro a noi le portiere e senza rimorsi imbocchiamo la prima strada diretta verso sud. Davanti a noi campagne fantastiche e paesini da luna di miele. Natura ed architettura ci fanno impazzire, è vero, ma non si vive di solo amore. Fortuna che i francesi sono lungimiranti e, da perfetti buongustai, dalla manica tirano fuori assi che non si credeva potessero esistere.
Danilo, ormai noto mentore, ci assicura infatti che la tradizione gastronomica dello Jura/Giura è particolarmente interessante e che propone formaggi difficili da rintracciare nelle altre regioni. Tra questi il Mont d’Or – cremoso e di puro latte vaccino – o il Morbier – dalla pasta semidura, riconoscibile dalla striscia di erborinatura la centro – ma soprattutto, e qui il nostro sommelier cala il carico da 90, il Comté: «Se esiste un matrimonio indissolubile è sicuramente quello tra questo e il Vin Jaune». Il primo è un groviera vaccino, ne esistono diverse versioni a seconda del periodo dell’anno, ma la migliore è il Fruité, quello prodotto in estate, quando le vacche mangiano erba fiorita. Il secondo, il Vin Jaune, è un vino da meditazione, che si produce solo nel Giura, e di cui si dice sia nato per errore. «I produttori del Château d’Arlay vantano una tradizione millenaria, e ancora oggi seguono alla lettera i dettami dei loro avi. Scelgono i migliori grappoli di uva Savagnin, ne spremono il mosto, quindi lo lasciano maturare in botti scolme – non completamente piene – al cui interno si sviluppano alcuni batteri che creano una sorta di pellicola sulla superficie del vino, proteggendolo, ma allo stesso tempo dandogli quel suo gusto tutto particolare. Per lungo tempo viene lasciato in botte, poi gli si aggiunge dell’alcol Buongusto, e lo si fa invecchiare per decine e decine di anni, con potenzialità di maturazione davvero incredibili». Siete anche voi giunti alla conclusione che la vostra vita non possa avere senso finché non riuscirete ad assaggiarlo, e per farlo siete disposti a tutto, nonostante il rischio che possa essere, per usare un eufemismo, un salasso?! Ecco la meta: il ristorante La Balance mets e vins ad Arbois.
Se invece non volete fare tanta strada, ma i vini del Château d’Arlay vi tentano, sappiate che al ristorante Ratanà di Milano la carta dei vini promette quattro vini della tenura: un bianco Chardonnay, un rosato Chateau d’Arlay Corail e due vini da dessert: il Vin de Paille – come dire “vino di paglia” – e il Macvin Rouge.
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P.S. di vogliadifrancia.it
Dei vini bianchi francesi aveva già parlato Andrea Ruscitti: clicca qui per rileggere il post dedicato all’Alsazia.
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